Tre corti sui centri di identificazione ed espulsione, un film di Alexandra D’Onofrio
Tre sono le storie raccontate ne La vita che non CIE, la storia di Kabbour, di Nizar e di Abderrahim. Tre nomi per raccontare le vite che stanno dietro alle statistiche della macchina delle espulsioni. Così la regista Alexandra D’Onofrio prova a ribaltare l’estetica della frontiera nella narrazioni che vanno oltre i CIE.
Qui trovate le schede e i trailer dei tre filmati
L’Amore ai tempi della Frontiera
Una bellissima e commovente storia d’amore dietro alla più violenta rivolta del centro di identificazione e espulsione di Chinisia, a Trapani, quella di Winny e Nizar. La storia è montata attraverso le registrazioni audio, una macchina fotografica e l’archivio dei video girati con il cellulare dai due protagonisti, appunto Winny e Nizar.
Durata: 20 minuti
Regia e suono: Alexandra D’Onofrio; Fotografie: Alessio Genovese; Montaggio: Antonio Augugliaro
Post produzione audio: Tommaso Barbaro (Redrum Murder); Realizzato con il contributo di Open Society Foundation e la collaborazione di Gabriele Del Grande
A Torino il centro di identificazione e espulsione (Cie) non passa inosservato. É piantato in mezzo a un perimetro di condomini. Centinaia di torinesi ogni mattina si affacciano dai loro balconi sulle gabbie e maledicono il giorno in cui la prigione ha rovinato la reputazione del quartiere. Abderrahim sui balconi invece ci sale per salutare dall’alto gli ex compagni di cella. Dopo essersi fatto cinque mesi al Cie, gli sono rimasti più amici dentro che fuori. E per loro cerca di fare il possibile. Li intervista dai microfoni di una radio locale, gli porta la spesa, partecipa ai presidi contro il Cie. Nella speranza che non vengano espulsi, ma che come Amir, Hassan e Mahmoud siano rilasciati, aspettando tempi migliori.
Durata: 18 minuti
Regia e riprese: Alexandra D’Onofrio; Montaggio: Antonio Augugliaro; Post produzione audio: Tommaso Barbaro (Redrum Murder); Musiche originali: Dissòi Lògoi; Realizzato con il contributo di Open Society Foundation; Premio Lavori in corto 2012
Papà non torna più
Bogusha non sa come spiegare al piccolo Tareq che suo padre non tornerà più a casa. Così ha deciso di portarlo a Casablanca, per farli almeno stare un po’ insieme. Kabbour li porta in giro nel suo quartiere. Qui ha passato l’infanzia, eppure oggi in quelle strade si sente straniero. E vuole tornare a casa. A casa sua, in Abruzzo, dove è arrivato che aveva solo 11 anni. È lì che ha studiato, ha lavorato, si è sposato e ha avuto il bambino. Ed è lì che viveva fino a quando i carabinieri sono andati a prenderlo a casa per rimpatriarlo in Marocco. Con in tasca un foglio di carta che in nome della legge italiana gli vieta di vivere con la sua famiglia.
Durata: 15 minuti
Regia e riprese: Alexandra D’Onofrio; Montaggio: Antonio Augugliaro; Post produzione audio: Tommaso Barbaro (Redrum Murder); Musiche originali: Dissòi Lògoi; Realizzato con il contributo di Open Society Foundation,